area clinica
Psicodiagnosi
Dal greco dià (attraverso) gnosis (conoscenza): processo volto alla rilevazione e descrizione di fenomeni riconosciuti come patologici, o procedura orientata a ricondurre un determinato fenomeno all’interno di una categoria.
Il compito dello psicologo che effettua una diagnosi è, quello di definire il funzionamento di un paziente attraverso la descrizione delle sue dinamiche comportamentali che comprendono i suoi vissuti, le sue relazioni e le modalità psicologiche e patologiche che ne sono alla base. La diagnosi psicologica evidenzia e descrive l’unicità dell’individuo attraverso la comprensione dei suoi aspetti emotivi e cognitivi.
Quali sono le competenze diagnostiche dello psicologo?
La competenza dello psicologo è orientata a quella che viene definita diagnosi clinica.
La diagnosi clinica è orientata alla definizione del funzionamento dell’individuo che va oltre la sola sintomatologia e comprende l’assetto cognitivo del soggetto, il suo stile di pensiero, inoltre valuta la capacità di rappresentazione mentale mediante l’analisi dei processi di valutazione e decisione e la presenza o meno di vissuti emozionali psicopatologici che ne influenzano i suoi comportamenti, ma anche la ricerca di quelle dinamiche psicologiche e relazionali pregresse che potrebbero rappresentare degli importanti antecedenti in grado di influenzare o meno il vissuto attuale del soggetto e la valutazione di quelle dinamiche situazionali (familiari, ambientali, sociali) che potrebbero determinare e influenzare il funzionamento attuale dell’individuo e che, in associazione alle informazioni ottenute mediante la valutazione storica e clinica, determina il quadro globale e unico di un determinato soggetto.
Lo scopo della diagnosi psicologica non è solo quello di “chiamare” una malattia ma è innanzitutto la comprensione di “come” il paziente è malato affinché si possa giungere alla conclusione di quali interventi effettuare per poterne modificare l’eventuale sofferenza e/o disagio.
La diagnosi psicologica deve tenere sempre in considerazione la dimensione culturale di un certo comportamento onde evitare di classificare come anormale un atteggiamento che in un altro contesto socio-culturale è ben integrato, accettato e quindi normale.